In questo breve articolo, cercherò di analizzare alcune delle più frequenti problematiche ortopediche riscontrabili in età pediatrica, escludendo la disamina di patologie malformative e/o traumatiche. Proprio i traumi rappresentano peraltro una delle maggiori cause di morbilità/mortalità nel bambino/ragazzo (incidenti domestici, incidenti del traffico, incidenti durante la pratica sportiva); a tale proposito, ritengo doveroso fare un appello all’uso dei sistemi di protezione previsti dalla legge (caschetto in bicicletta o sui pattini, casco in motorino, seggiolino e cinture di sicurezza in auto). 
 
Ciò premesso, dedichiamo la nostra attenzione al piede piatto, evidenziando subito come questa situazione sia generalmente fisiologica sino ai 3 anni di età. Pertanto, quasi mai sono necessari accertamenti e/o interventi specialistici fino a tale età. Tra i 3 ed i 6 anni, circa il 50% dei bambini, ha un piede piatto. Per entrare nel dettaglio, quando parliamo di piede piatto (valgo), ci riferiamo ad un abbassamento stabile della volta longitudinale interna del piede, generalmente associata a caduta del calcagno in valgismo. Dal punto di vista anatomico, l’astragalo (l’osso che raccorda tutto il piede allo scheletro della gamba), normalmente posto al di sopra del calcagno, scivola verso il basso, in avanti ed internamente, costringendo il calcagno a ruotare (pronazione o rotazione interna); ciò determina una conseguente extrarotazione dell’avampiede. Queste differenti rotazioni causano un movimento elicoidale del piede, con la scomparsa della volta e la caduta dell’arco longitudinale interno.
 
Si distingue un piede piatto flessibile (95% dei casi), di natura benigna, asintomatico, frequentemente associato ad altri disturbi posturali, quali il ginocchio valgo o il passo intrarotato, ed un piede piatto rigido, decisamente meno frequente, sintomatico e che richiede un eventuale trattamento. Oltre ad un'accurata anamnesi ed all’esame obiettivo, risulta molto utile ai fini diagnostici l’esame podoscopico (effettuabile in genere dal proprio pediatra di fiducia) che consente, tramite l’esame dell’impronta plantare, di individuare tre diversi gradi di piattismo (1° grado: la volta mediale sfiora il piano di appoggio; 2° grado: la volta mediale è completamente a contatto con il piano di appoggio; 3° grado: l’impronta della volta mediale sul piano d’appoggio, deborda verso l’interno). 
 
Gli interventi proposti sono molteplici e correlati sia all’età che all’entità del piattismo. Si va dalla ginnastica (esercizi di prensione di oggetti con le dita dei piedi, movimenti sulle punte, sui talloni, sul margine esterno, deambulazione a piedi nudi sulla sabbia), all’utilizzo di plantari ortopedici “su misura”, fino all’intervento chirurgico ortopedico denominato “calcaneo stop”, effettuabile nei casi più accentuati e/o sintomatici, generalmente intorno ai 10-12 anni.
 
Un’altra situazione clinica che desta certamente apprensione è la scoliosi. Essa è caratterizzata da una deviazione laterale della colonna vertebrale, persistente e non modificabile volontariamente, che si accompagna ad una torsione e ad una rotazione dei corpi vertebrali e di tutte le strutture anatomiche che con essi si articolano. Interessa, con una percentuale variabile dal 2 al 10%, ragazzi di entrambi i sessi. 
 
Le forme idiopatiche sono le più frequenti (75% dei casi). L’età più critica è rappresentata dalla preadolescenza-adolescenza, periodo nel quale si assiste ad una rapida crescita staturale ed anche all’acquisizione di assetti posturali viziati che, con il protrarsi del tempo, possono causare dismorfismi del rachide. È molto importante, ai fini preventivi, che i bambini/ragazzi svolgano un’adeguata attività fisica/sportiva, prediligendo discipline che favoriscono uno sviluppo armonico e bilanciato della muscolatura. L’annoso problema degli zaini scolastici, spesso chiamati in causa nell’insorgenza di scoliosi, va affrontato seguendo delle semplici regole (zaini di dimensioni rapportate a quelle del bambino/ragazzo, dotati di schienale, cinghie comode ed ampie, cintura addominale, riempiti con ciò che serve ed in modo simmetrico, portati su entrambe le spalle) e limitandone l’uso, oppure ricorrendo all’ausilio di rotelle. Meno percepito ma verosimilmente più colpevole, è il problema di posture non corrette, sia durante lo studio che durante la permanenza a scuola.
 
Il sintomo principale che spesso attira l’attenzione sulla scoliosi è il dolore a carico delle zone interessate. La sua presenza richiede un’attenta e periodica valutazione della colonna, al fine di poter individuare precocemente eventuali segni di allarme (curvature accentuate, presenza di gibbo) ed intervenire nel modo più appropriato, ricorrendo al supporto di un ortopedico pediatrico. Il trattamento è correlato all’entità del fenomeno e prevede ginnastica posturale correttiva, corsetti di varia tipologia, sino ad interventi chirurgici nei casi con curvature più accentuate. Talvolta, soprattutto nell’età adolescenziale, può essere necessario anche un supporto psicologico, per affrontare le problematiche relazionali correlate all’impiego del busto o anche alla presenza della sola torsione della colonna vertebrale (pensiamo allo stare in costume per esempio). 
 
Concludo ricordando che la scoliosi va distinta dal cosiddetto atteggiamento scoliotico che è invece una deviazione funzionale vertebrale con assenza di rotazione dei corpi vertebrali. Si tratta di una situazione indubbiamente meno impegnativa ma che comunque necessita di una valutazione periodica e della messa in atto di esercizi correttivi/posturali.
 
 
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Dr_Domenico_Careddu

Dr. Domenico Careddu

Medico Chirurgo, specialista in Peiatria

Specialista in idrologia medica

Master di II livello in fitoterapia

Master di II livello in neonatologia

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