In medicina è definito come “cessazione dell'attività meccanica cardiaca, che è determinata dall'incapacità del cuore di pompare nel sistema circolatorio il sangue”.

Il mancato apporto di sangue alle cellule, soprattutto cerebrali e quindi di ossigeno, “benzina” per le cellule stesse, porta a morte se non tempestivamente trattato. Le cellule cerebrali (neuroni) in assenza di ossigeno cominciano a “soffrire” riportando danni più o meno permanenti se il flusso ematico (del sangue) non viene velocemente ripristinato fino alla loro morte irreversibile. Il primo danno neurologico per anossia (assenza di ossigeno) delle cellule cerebrali si instaura dopo solo 4 minuti dall'arresto cardiaco ed è irreversibile dopo 10 minuti con la morte cerebrale del paziente.

L’ACC in età pediatrica

Ogni anno sul territorio nazionale, un numero variabile tra 40,000 e 60,000 persone (fonte ARES Lazio) sono colte da Arresto cardiaco improvviso. In ambito pediatrico nell'anno 2011 (fonte ISTAT e ultimo aggiornamento disponibile) in Italia si sono registrati 2084 decessi di pazienti pediatrici sotto i 5 anni di vita, di cui l'85% sotto il primo anno. Lo studio riporta una diminuzione ovvia di cause di morte, a partire dal secolo scorso, che vede una diminuzione di cause correlate a malattie infettive (vaiolo e difterite) o altre malattie correlate all'età pediatrica (scarlattina, morbillo, pertosse) pari al 72% negli anni '60 fino ad un ulteriore 91% nel 2011 con un tasso di mortalità pari a 3,9 per 1000 nati vivi. Le principali cause di morte diventano le malformazioni congenite e le condizioni di origine perinatale (sindrome da stress respiratorio neonatale). Partendo da questo si può facilmente intuire come le cause che portano all'arresto cardiaco in ambito pediatrico siano completamente differenti dai pazienti adulti, le cui cause sono da ricercarsi principalmente in patologie di origine cardiaca, rispetto a pazienti pediatrici, ove le cause sono di origine principalmente respiratoria.

Il fattore tempo

Come già evidenziato, parlando di emergenza tempo-dipendente, il fattore tempo “di intervento” diventa l'unica nostra risorsa per poter riconsegnare l'infortunato ad una qualità di vita identica al momento prima del malore. Un intervento tempestivo consiste in:

  • <::marker> Pronto riconoscimento dell'arresto cardiaco;
  • <::marker> Attivazione dei soccorsi con una chiamata all'emergenza sanitaria efficace;
  • <::marker> Inizio di manovre rianimatorie extraospedaliere, effettuate da astanti, che in medicina rientrano nelle manovre di BLS, Basic Life Support o Supporto delle Funzioni Vitali di Base, caratterizzate da compressioni toraciche esterne efficaci (CPR);
  • <::marker> Defibrillazione precoce con utilizzo di DAE (Defibrillatori Semi Automatici Esterni), grazie anche ai progetti PAD (Public Access Defibrilation) che negli ultimi anni, anche a livello locale, hanno avuto un notevole incremento.

La percentuale di sopravvivenza, senza che alcuna manovra venga effettuata nei minuti antecedenti l'arrivo dei soccorsi qualificati, diminuisce drasticamente di circa 7/10 punti percentuale ogni minuto, con il decesso inevitabile dell'infortunato. Con le sole manovre rianimatorie, praticate da astanti, dal primo minuto la medesima percentuale di sopravvivenza diminuisce solo del 3/5%, mentre con manovre rianimatorie e ausilio di un defibrillatore semi automatico esterno la percentuale di sopravvivenza aumenta del 75%.

Variabili non modificabili ad oggi, sono anche i tempi di intervento dei mezzi di soccorso. Tali tempi sono influenzati dalla distanza del mezzo di soccorso rispetto il luogo dell'intervento, dalla conoscenza viabilistica dell'autista del mezzo stesso (ad oggi il progredire della tecnologia ha portato all'installazione su ogni mezzo di soccorso di navigatori ad hoc destinati all'emergenza sanitaria), dal traffico, dalla conoscenza delle procedure di emergenza degli utenti della strada circa le precedenze dei mezzi di soccorso e infine dalle caratteristiche orografiche del territorio.

Il tempo medio di un intervento in una regione come la Lombardia su codici di gravità Giallo e Rosso variano tra gli 11 e i 12 minuti (fonte 2018 Areu Lombardia).

La Prevenzione

La formazione del singolo individuo, ancora più della distribuzione capillare dei defibrillatori in ambito comunale deve essere al centro degli sforzi delle amministrazioni e dei cittadini stessi. Avere tanti defibrillatori e pochi che li sanno usare non cambierebbe in alcun modo le percentuali di sopravvivenza dei pazienti. Una formazioni meticolosa che insegni al cittadino a saper chiamare il numero unico di emergenza, seguendo attentamente le istruzioni impartite dagli operatori, la formazione alla rianimazione cardiopolmonare nel paziente adulto e pediatrico, con prove pratiche per acquisire dimestichezza nelle manovre di rianimazione, l'abilitazione all'utilizzo del defibrillatore semi automatico esterno, che dal 2001 (Legge 120 03/04/2001) è ad accesso anche a personale laico (non medico), devono essere al centro dell'attenzione di tutti.

La conoscenza della SIDS (Sudden Infant Death Syndrome) e delle regole di prevenzione, la conoscenza delle manovre di disostruzione a 360° con progetti mirati alla formazione di genitori, nonni, babysitter e personale delle mense, la formazione sugli incidenti possibili in età pediatrica in ambito domestico e il loro trattamento (in Italia 1 ricovero su 5 in età pediatrica è dovuto ad incidente domestico [fonte ISTAT 2011]), sono alla base della cultura personale di una società evoluta che concentra ogni sforzo sulla protezione di quelle fasce più deboli che risultano essere adulto-dipendenti e sentito come un dovere civico nei confronti del benessere dell'intera collettività.

 

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Dott. Mirko Damasco – Salvagente Italia  

Salvagente Italia è un’Associazione di Promozione Sociale nata nel 2013 dall’impegno di Mirko Damasco, Filippo Castelli e Silvia Riboldi con lo scopo di diffondere la cultura del Primo Soccorso in Italia grazie a corsi ed eventi accessibili a tutti. Scopri di più