Se in alcuni casi specifici l’intervento del genitore non è sufficiente, nella gran parte dei casi sono proprio mamma e papà a poter aiutare i bambini lungo questa meravigliosa scoperta.

 

Quali sono le cose da tenere a mente quando si parla di emozioni??

 

1- PRESTARE ATTENZIONE: i bambini nell’arco del loro sviluppo imparano tante, tantissime cose e ad alcune i genitori prestano molta attenzione (sviluppo motorio, linguistico, nozioni scolastiche...). 

Le emozioni invece sono spesso trascurate, come se fossero “invisibili” da parte degli adulti. Quello che avviene è che lo sviluppo emotivo viene considerato come automatico e scandito dai medesimi tempi per tutti. In realtà il bambino deve imparare ad esprimere, comprendere e regolare le emozioni esattamente come impara a parlare, camminare, giocare.

È utile che l’adulto quindi sia attento anche a questo processo di sviluppo, sia perché i bambini tendono ad imparare meglio ciò che l’adulto dimostra essere importante, che per aiutare e divenire presenza utile in caso di difficoltà.
 

2- DARE UN NOME: sapere quale è il nome dell’emozione che si sta provando può sembrare agli adulti semplice e scontato; infatti è lontano e dimenticato il ricordo delle prime esperienze emotive e del non sapere come chiamare le sensazioni. 
Saper e riuscire a dare un nome alle emozioni e alle sensazioni è il primo modo che un bambino ha per cominciare a conoscerle, riuscire a regolarle e non farsi prendere alla sprovvista quando arrivano. Se qualcosa ha un nome fa meno paura e, spesso, è meglio definito spazio-temporalmente.
Anche in questo caso il ruolo dell’adulto è fondamentale per essere modello e presenza durante il divenire degli stati emotivi, cercando di identificarli e quindi dar loro un nome insieme al bambino.
Battezzare uno stato emotivo inoltre apre la strada al trovare il giusto modo di esprimere l’emozione o la sensazione che il bambino sta provando: una volta che conosco e so riconoscere rabbia, tristezza, gioia etc diventa più facile capire ciò che posso e non posso fare (dire “sono arrabbiato” vs tirare un pugno, piangere e ricercare consolazione vs buttarsi in terra urlando e piangendo, ridere vs ipereccitarsi e non saper più come calmarsi in autonomia..)

 

3- LE EMOZIONI CI SONO E VA BENE COSI’........SEMPRE: non sempre tutte le emozioni sono ben accette, soprattutto dagli adulti, che solitamente hanno l’approccio del “non devi essere triste”, “non ti arrabbiare”, etc..

Tutte queste frasi e convinzioni, anche se fornite a fin di bene (nessuno vuole vedere un figlio triste o arrabbiato), sono molto rischiose per lo sviluppo emotivo del bambino. 
Le emozioni, per fortuna, capitano: non possiamo sceglierle, semplicemente le sentiamo ed è giusto così; ci aiutano a conoscere il mondo e accompagnano le nostre azioni. Quello che certamente può essere fatto è, dopo aver riconosciuto una tale emozione, comportarsi nel migliore e più funzionale modo possibile. 

 

Il dire “non ti arrabbiare” include diversi “errori”:
- stiamo chiedendo al bambino una cosa impossibile, il più delle volte quando questa frase viene pronunciata il bambino è già arrabbiato/triste/preoccupato.

- stiamo implicitamente associando quella sensazione a qualcosa di sbagliato, da non fare. Quindi, poiché invece al bambino (come a tutti) quelle emozioni nascono spontaneamente e torneranno a presentarsi, è come se stessimo dando un giudizio negativo anche su di lui.

-gli stiamo insegnando che non è lecito provare un’emozione e non che alcuni comportamenti, per quanto dettati da emozioni inevitabili, non sono adeguati e non possono essere accettati.

 

4- LE PAURE: I BAMBINI SE LE CREANO BENISSIMO DA SOLI, INUTILE CREARNE DI NUOVE. Le paure dei bambini spesso sono peculiari, alcune volte fanno sorridere, ma per loro sono vere, importanti e terrificanti: teniamolo a mente prima di prenderci la libertà di scherzarci su o di mortificare i più piccoli. 

Anche in questo caso la chiave è innanzitutto accettarle e legittimarle, e successivamente dare spazio alla rassicurazione. 
In questo modo si garantisce uno spazio di ascolto in cui il bambino si sente libero di esprimersi senza temere giudizi, ma affidandosi all’adulto per avere aiuto quando è in difficoltà.
La paura è fisiologica, ma non va stimolata: dire continuamente al bambino di stare attento, che se fa quella cosa potrebbe farsi male e andare in ospedale, oppure correre a preparare peluches, ciuccio, luce, copertina di linus, luce da accendere se la prima non è sufficiente, etc.. potrebbe suggerire al bambino che il momento della notte sia pericoloso e dando tutti gli strumenti al piccolo di autoconvincersi.

 

5- ESSERE ESEMPIO: in questo, come in tutto, essere degli adulti che non temono le proprie emozioni fa si che non le si rendano temibili per i propri bambini. Per legittimare le emozioni dei più piccoli è indispensabile che anche gli adulti siano disponibili a stare in compagnia di queste sensazioni, anche nel caso che queste non siano piacevoli o desiderate.

L’apprendimento delle emozioni è come tanti altri fondamentale, e sempre più spesso i bambini di oggi presentano una disarmonia fra sviluppo cognitivo e quello emotivo. Questo deriva principalmente dalla tendenza diffusa nella nostra società ad esporre a continui stimoli di apprendimento cognitivo e a non considerare quelli emotivo, dandoli quasi per scontati.

I bambini per essere sereni hanno però bisogno di entrambe le componenti e l’occhio attento degli adulti può favorire l’acquisizione di queste particolari competenze, che fortunatamente non richiedono laboratori particolari o insegnanti madrelingua, ma la semplice condivisione di ripetute esperienze.

 

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