Il legame tra gravidanza e infezioni fa sempre un po’ paura. Perché, sebbene alcune siano banali come la cistite, altre come la rosolia sono decisamente più serie e richiedono prevenzione e interventi tempestivi. Scopriamo dunque insieme quali sono le infezioni in gravidanza a cui prestare attenzione.

Infezioni alle vie urinarie in gravidanza

Quando nelle urine c'è la presenza di numerosi batteri si parla di batteriuria.

La presenza di batteri può associarsi ai sintomi tipici della cistite (bisogno urgente di urinare, febbre, dolore al basso ventre, ecc.) oppure essere asintomatica, cioè non associarsi ad alcun tipo di malessere.

La batteriuria asintomatica è una condizione normalmente non preoccupante, ma durante la gravidanza può causare problemi. Per questo motivo viene comunemente prescritta, nel primo trimestre di gravidanza, anche alle donne che non hanno sintomi, una urinocoltura (un esame delle urine per ricercare e identificare la presenza di ceppi batterici ) e, in caso positivo, la cura antibiotica più efficace.

La gravidanza rappresenta una condizione aggravante perché l'utero, aumentando di volume, comprime la vescica e le vie urinarie determinando il rallentamento del flusso dell'urina. Ciò facilita la risalita verso i reni di eventuali batteri presenti in vescica (pielonefrite).

Le infezioni delle vie urinarie trascurate sono correlate ad un rischio aumentato di parto pretermine e di basso peso fetale alla nascita. Il corretto inquadramento della problematica e un’adeguata terapia antibiotica riescono a ridurre notevolmente queste possibili conseguenze.

Veniamo ora alle più temute malattie infettive che potrebbero interferire direttamente con il benessere fetale, qualora il feto avesse contratto l’infezione.

Infezioni in gravidanza: cosa c’è da sapere

  1. In genere il rischio per il feto si realizza quando la madre contrae per la prima volta in vita sua la malattia infettiva.
  2. Nella maggior parte dei casi i rischi maggiori si hanno nei primi tre mesi di gravidanza e, per alcune malattie, a termine.
  3. Norme generiche di attenzione a non esporsi alle possibili fonti di contagio possono indurre una notevole riduzione del rischio (dovranno essere particolarmente attente le pazienti gravide che lavorano in ambito sanitario o in ambito scolastico con bambini di prima infanzia, pazienti che hanno bambini piccoli e tutte quelle che sono quotidianamente in contatto con molte persone o utilizzano mezzi pubblici di trasporto).
  4. Maggior attenzione vuol dire lavare sempre accuratamente le mani, tentare di non esporsi a starnuti e colpi di tosse, non baciare sulla bocca o sul viso bambini, soprattutto se presentano sintomi infettivi.

Rosolia

Tra le infezioni pericolose in gravidanza vi è la rosolia.

La maggior parte delle donne risulta immune, per aver contratto la malattia da bambine o per avere effettuato la vaccinazione a scuola. Nel caso in cui l’infezione avvenga per la prima volta nei primi mesi di gravidanza, ne possono derivare conseguenze molto serie per il feto: aborto, morte fetale o la sindrome da rosolia congenita (difetti alla vista o cecità completa, sordità, malformazioni cardiache, ritardo mentale).

Il test di screening per la rosolia è incluso tra i primi esami ematici cui viene sottoposta una paziente in gravidanza.

Lo screening certamente non dà protezione, ma consente alle pazienti che abbiano già gli anticorpi contro il virus di vivere più serenamente la gravidanza e di far aumentare il grado di attenzione alle poche che siano risultate non immuni. Per queste ultime il test verrà ripetuto nel corso della gravidanza, anche se passato il quarto mese i potenziali rischi per il feto si riducono enormemente. Per queste pazienti risulterà molto utile sottoporsi, finita la gravidanza, alla vaccinazione contro il virus della rosolia, prima di intraprendere una nuova gravidanza.

Non esistono invece procedure terapeutiche per il feto che possano essere attivate in gravidanza.

Toxoplasmosi

Anche per questa malattia il rischio per il feto si presenta solo se la mamma non ha mai contratto l’infezione in precedenza.

Se la malattia viene contratta durante la gravidanza, il toxoplasma, che è un protozoo, può essere trasmesso al bambino in utero, procurandogli delle lesioni a volte anche gravi.

Esiste un potenziale rischio per il neonato anche in caso di malattia contratta in vicinanza al parto. Il toxo-test è l’esame del sangue che consente di verificare l’immunità nei confronti della malattia. Se il test è negativo la malattia non è mai stata contratta. In questo caso, anche se si ha a che fare con una paziente che per abitudini di vita non si è mai esposta alle fonti di contagio, occorrerà aumentare l’attenzione non ingerendo carni di mammiferi crude o poco cotte, verdure crude (a meno che non siano state accuratamente lavate) ed evitando contatti diretti con gatti e soprattutto con i loro escrementi. Inoltre, sarà sempre necessario lavare accuratamente le mani prima di portarle alla bocca o agli occhi.

Il test verrà ripetuto nel corso della gravidanza.

Qualora, nonostante tutto, malauguratamente una paziente contragga per la prima volta la toxoplasmosi in gravidanza, esiste la possibilità di accertamenti sul feto per verificarne l’eventuale infezione e terapie efficaci tanto per la madre quanto per il bambino (in grado di ridurre al minimo le conseguenze).

Accertamenti e terapie rappresentano però un percorso molto stressante: non vale la pena abbassare la guardia qualora si sia risultate non immuni.

Una nota importante. Il pesce crudo non è fonte di toxoplasmosi ma può essere causa di gravi parassitosi intestinali: meglio accertarsi che sia stato trattato e conservato in modo opportuno (abbattimento). Il pesce di grosse dimensioni (tonno, spada) può essere fortemente contaminato da piombo e mercurio: meglio dunque evitarlo. Il pesce in scatola e mal conservato può essere ricco di istamina (sindrome sgombroide): nessun pericolo per il feto ma un brutto periodo di malessere per la madre.

Quindi prestate grande attenzione a ciò che mangiate, soprattutto quando mangiate fuori casa.

Citomegalovirus (CMV)

citomegalovirus sono una grande famiglia di virus che normalmente nell’adulto provocano una malattia non grave. Ma cosa succede se si contrae il citomegalovirus in gravidanza?

Nella grande maggioranza dei casi l'infezione è asintomatica, cioè chi la contrae non ha sintomi. In rari casi l’infezione si manifesta con sintomi pseudo influenzali a carico delle prime vie aeree.

Anche le persone che hanno già contratto la malattia possono essere reinfettate da un virus diverso da quello dell’infezione pregressa, anche se generalmente in modo meno virulento, perché a seguito di una prima infezione l’organismo avrà generato anticorpi in grado di bloccare anche altri virus della famiglia. L'infezione da CMV può diventare pericolosa se contratta durante la gravidanza, perché il virus può superare la placenta e contagiare il feto.  In Italia la maggior parte delle donne risulta aver contratto un’infezione da CMV prima della gravidanza.  Una seconda infezione è in genere difficile da intercettare e comunque espone a conseguenze attenuate.

La malattia si contrae venendo a contatto stretto con persone infette, attraverso saliva, sangue, urine oppure rapporti sessuali. Generalmente le persone più esposte all'infezione sono quelle che lavorano a contatto con i bambini molto piccoli, nelle scuole materne o nei nidi, perché possono venire a contatto con la saliva dei bambini e con le urine durante il cambio dei pannolini

Esistono test ematici che vengono di norma prescritti con i primi esami di gravidanza, in grado di individuare le pazienti senza immunità al CMV. In questi casi sarà opportuno incrementare il livello di attenzione e ripetere il test ematico nel corso della gravidanza.

La probabilità che il neonato di una donna che ha contratto per la prima volta in gravidanza l’infezione abbia gravi conseguenze sono molto molto basse (1/1000), ma non escludibili. Anche in questo caso il percorso diagnostico e farmacologico rappresenta una fonte di enorme stress. Meglio cercare in tutti i modi di non esporsi alle fonti di infezione.

Varicella, Parvovirus B19 (quinta malattia), Virus Coxsackie (mani, bocca, piedi), Herpes simplex, Condilomatosi vulvo vaginale, Zirka virus

Sebbene queste malattie generino preoccupazione, va subito ricordato che la probabilità che si generino gravi conseguenze a carico del feto sono molto basse e, perlopiù, dovute ad infezioni contratte nel primo trimestre o vicino al termine della gravidanza.

Molte ansie potranno essere azzerate effettuando un test ematologico di verifica degli anticorpi anti virus della varicella all’inizio della gravidanza. La maggior parte delle pazienti, anche se non lo ricorda, ha già contratto la malattia e non ne avrà pertanto conseguenze.

ParvovirusCoxsackie danno raramente problemi seri, ma occorre attivare tutte le precauzioni se si hanno bimbi in prima età scolare. In caso di sospetto di malattia esistono esami ematologici di verifica e controlli seriati ecografici, utili per la rassicurazione. Non ci sono comunque terapie.

L’infezione da Herpes simplex merita attenzione se localizzata e attiva a livello genitale a termine gravidanza. Potrebbe nascerne l’indicazione per la conclusione della gravidanza tramite taglio cesareo (non necessariamente obbligatorio e solo dopo attenta valutazione). Stesse considerazioni per le infezioni vaginali in gravidanza causate da HPV, con condilomatosi genitali.

Poco ancora sappiamo sulle conseguenze del virus Zika trasmesso da alcune zanzare, ma è comunque bene evitare luoghi infestati da zanzare e fare uso di repellenti.

Tutte le malattie infettive generate da batteri (ad esempio la scarlattina) sono generalmente brillantemente risolvibili con terapie antibiotiche e non generano problemi.

Riassumendo, quindi, un’adeguata attenzione e una tempestiva comunicazione con il medico risolveranno la maggior parte dei problemi e consentiranno di vivere serenamente la gravidanza.