Il latte materno è l’alimento ideale per il lattante ed il bambino: esso infatti si adatta perfettamente per caratteristiche nutrizionali, biologiche, digeribilità e garanzie igieniche alla fisiologia del neonato, andando incontro a variazioni della sua composizione contestualmente alla crescita del bambino, ma anche in risposta a situazioni patologiche quali malattie del piccolo. Esso ha anche un’enorme valenza dal punto di vista relazionale, rafforzando la diade madre-bambino. Se a questo aggiungiamo che si tratta di un alimento sempre pronto e disponibile ed a costo zero, si può facilmente comprendere perché istituzioni quali l’OMS e l’UNICEF ne raccomandino fortemente il suo utilizzo esclusivo almeno per i primi sei mesi di vita; ma anche fino ai 2 anni, se la nutrice lo desidera. 
 
Nonostante queste premesse,  nel nostro Paese, l’allattamento al seno viene spesso disatteso ed indagini statistiche dimostrano che la sua percentuale si riduce drasticamente dal terzo mese di vita. Le motivazioni sono svariate, ma occorre evidenziare come le controindicazioni vere, sia dal punto di vista materno che del neonato (malattie, utilizzo di farmaci, malformazioni, ipogalattia), sono percentualmente molto poche, mentre prevalgono problematiche sociali (ad esempio, il rientro precoce al lavoro), consuetudini o cattiva informazione. 
 
Come già accennato,  il latte materno è in continua evoluzione; nel dettaglio, possiamo individuare  tre fasi principali: colostro, latte di transizione e latte maturo. Il colostro è il primo latte prodotto dalle ghiandole mammarie della puerpera: contiene più proteine, minerali, vitamina A, azoto, batteri della specie umana, globuli bianchi e anticorpi. Ha anche meno contenuto calorico, perché contiene meno grassi e carboidrati del latte “maturo”. Proprio la flora batterica trasmessa al neonato nei primi giorni di vita, attraverso il colostro, riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo del microbiota intestinale, indispensabile per un corretto “assetto” del sistema immunitario intestinale (con protezione nei confronti di malattie allergiche ed infettive) e per l’assorbimento di nutrienti.  La prevalenza di lattobacilli, che caratterizza l’intestino dei soggetti allattati al seno (a differenza di quelli allattati con latti formulati/adattati), sembra giocare un ruolo di primo piano in tale contesto. 
 
Il latte maturo, prodotto dopo alcuni giorni, passando attraverso il latte di transizione, è differente, sia quantitativamente che qualitativamente, dal colostro. Volendo semplificare (attualmente si conoscono  più di 200 componenti presenti nel latte materno), ricordiamo che esso contiene acqua, grassi, carboidrati, proteine, vitamine, minerali, aminoacidi ed enzimi. Tra i carboidrati, quello prevalente è il lattosio, mentre tra i grassi si riscontra un’elevata percentuale di acidi grassi, in particolare polinsaturi, recentemente correlata con lo sviluppo neurologico e della retina, fondamentale componente dell’apparato visivo. All'inizio della poppata, esso è acquoso e ricco di lattosio, mentre verso la fine delle poppate diventata cremoso, ricco di grassi e calorie. Queste variazioni fisiologiche, contribuiscono alla comparsa del senso di sazietà nel lattante, favoriscono la digestione e predispongono al riposo.
 
Il latte materno è invece carente di ferro e di Vitamina D. Per il primo aspetto, in genere si ricorre allo svezzamento intorno al sesto mese (a tale età i depositi di ferro iniziano a scarseggiare), mentre per il secondo, è raccomandata la supplementazione con Vitamina D (400 UI/die) almeno per tutto il primo anno di vita, per la prevenzione rispettivamente dell’anemia carenziale e del rachitismo. Per la Vitamina D, ormai considerata un vero e proprio ormone con svariati effetti (immunologico, cardiovascolare, metabolico etc.), i recenti e numerosissimi studi sembrano riconoscerle un ruolo ben più ampio di quello ad oggi accertato. 
 
Tutto ciò premesso, appare evidente che  nessun latte adattato (nonostante gli importanti progressi della ricerca e dell’industria) può, ad oggi, fornire tutti i vantaggi del latte materno. Se infatti gli aspetti nutrizionali sono in gran parte riproducibili, certamente lo sono con maggior difficoltà quelli immunologici e per nulla quelli relazionali ed economici. Occorre pertanto compiere ogni sforzo per favorire l’allattamento al seno che, oltre a quanto già esposto, sembra anche essere correlato a un minor sviluppo di obesità e di patologie cardiovascolari. Il ricorso ai latti formulati/adattati dovrebbe avvenire il più tardivamente possibile, salvo i pochi casi reali di controindicazione all’ allattamento materno o carenza dello stesso. 
 
Concludo ribadendo  un deciso “no” alla somministrazione di latte vaccino nel lattante, trattandosi di un alimento sbilanciato dal punto di vista nutrizionale (eccesso di proteine, grassi saturi, carenza di lattosio ed acidi grassi polinsaturi) ed immunologico (maggior rischio di allergia), ma anche per la possibile presenza di contaminanti, tutti fattori che inducono a sconsigliarne l’impiego almeno nel primo anno di vita.

 


 

Dr_Domenico_Careddu

Dr. Domenico Careddu

Medico Chirurgo, specialista in Pediatria

Specialista in idrologia medica

Master di II livello in fitoterapia

Master di II livello in neonatologia

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